Il presidente dell’Authority D’Agostino: «Rimane lungo la fascia demaniale Può essere utilizzato per l’arte.
Nell’area vedo bene anche il terminal crociere»

«Il Punto franco in Porto vecchio? L’abbiamo lasciato. Non si sa mai». Zeno D’Agostino è “franco” su questo punto. Non per nulla il neopresidente dell’“Autorità di sistema Portuale del Mare Adriatico Orientale” di Trieste si è laureato a Padova con una tesi dal titolo “Il ruolo della logistica nel capitalismo postfordista”. L’economia è tutto, ma non una scienza esatta. E così, il Punto franco vecchio non è sparito. Si è solo ristretto. «Se c’è una cosa che ci insegna la storia è che non ci sono persone infallibili – spiega D’Agostino -. Magari uno toglie il Punto franco e lo porta da un’altra parte. Poi arriva uno con una barca di soldi e un’idea innovativa per investire nel Punto franco. Meglio essere pronti». Le occasioni non mancano. «Ci sono per esempio i punti franchi dell’arte – continua il presidente dell’Authority – che non hanno nulla a che vedere con la portualità e neppure con l’utilizzo tradizionale dei punti franchi, ma che potrebbero rappresentare un
elemento ad alto valore aggiunto per il Porto vecchio. Abbiamo portato i via i Punti franchi che servivano per sviluppare l’attività del Porto nuovo. In ogni caso ne abbiamo lasciato una parte in Porto vecchio. La caratteristica di un Punto franco è che lo si può estendere quanto vuoi senza problemi.
Per assurdo basterebbe lasciarne un metro quadro che dopo può essere esteso anche alla totalità del Porto vecchio».
E quindi? «Vuoi che D’Agostino vada a rovinare il futuro di Trieste perché si è dimenticato di lasciare il Punto franco in Porto vecchio – si domanda il presidente dell’Authority -? Nella zona che resterà demaniale, lungo la costa, il Punto franco rimane. Verrà eventualmente sospeso nel caso in cui l’area verrà utilizzata per ogni altra attività. Intanto noi lo lasciamo.
Può succedere che quel Punto franco un giorno possa tornare utile». Il Punto franco vecchio, insomma, non è morto. Come non è finita la portualità in Porto vecchio. «Le attività portuali che potranno restare in Porto vecchio non dovranno essere collegate alle merci – spiega D’Agostino -. Una questione strategica. Se
lascio aperta l’attività delle merci in Porto vecchio non riesco a dare un futuro all’attività del Porto nuovo che invece devo sviluppare con il nuovo piano regolatore. Si parla di merci e non di passeggeri. Un terminal crociere starebbe benissimo.
La crocieristica può essere sicuramente un volano complessivo per il Porto vecchio sia che sia museale piuttosto che turistico commerciale».
La cosa importante è rianimare i Punti franchi. «Sono l’elemento distintivo del porto di Trieste. Rappresentano una grande fortuna – aggiunge D’Agostino -.Non sono costretto a far passare un contenitore per il porto di Trieste perché qui costa un euro o due euro in meno la manodopera. Lo faccio passare perché è obbligato poiché quel contenitore è destinato a delle attività da sviluppare in Punto franco. Bisogna promuovere i vantaggi del Punto franco a livello internazionale. Finora non lo si è fatto». Non sono strumenti desueti? «No. Tutt’altro – spiega D’Agostino -. Quando andiamo a dire a uno che non paga la dogana, che paga meno i dazi e quant’altro si spalancano porte. Sono gli elementi con cui oggi i grandi player mondiali della portualità stanno cercando di attirare investimenti.
I Punti franchi sono tutt’altro che fuori moda». E i decreti attuativi che mancano? Di recente è stato Massimiliano Fedriga, capogruppo della Lega Nord alla Camera, a evocarli per il Porto vecchio: «Il Porto vecchio senza attività produttive non ha futuro. Io ci vedo imprese del terziario avanzato. Ciò potrà avvenire
solo dopo l’emanazione dei decreti attuativi sul regime di Porto franco». D’Agostino è d’accordo: «Quello dei decreti attuativi è un percorso che Roma sta portando avanti. Su questo si sta lavorando. I decreti attuativi sono previsti dalla legge 84 del 1994. Da allora sono passati 22 anni. Quindi la responsabilità ce l’hanno un po’ tutti se non si sono fatti i decreti attuativi.
Non certo chi, come me, è arrivato qui da un anno e mezzo. In ogni caso io non aspetto i decreti attuativi come non aspetto la manna dal cielo. Prendo quello che c’è e cerco di svilupparlo. È la linea che io e Mario Sommariva (il segretario generale dell’Apt, ndr) abbiamo dato al porto di Trieste.
Non ci piangiamo addosso».

Fonte: Il Piccolo (Trieste)

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